La stagione che più temo è l’autunno, mi porta così lontana dalla mia amata estate, dalle corse subacquee, dalle giornate lunghe. Questo autunno, poi, mi ha caricato di una situazione spiacevole e lo sto odiando un pochino di più del solito. Perciò ho sentito il bisogno di dedicarmi a quei piccoli gesti capaci di coccolarmi. Come una mano che ti sfiora i capelli in una carezza leggera. Come dei rituali per guarire un’anima incrinata. Mentre mi lascio coccolare da questi piccoli momenti magici mi impegno a cercare ad occhi chiusi il lato fascinoso dell’autunno. Lo so che c’è qualcosa oltre alle zucche, alle patate dolci, alla polenta e alle castagne. Qualcosa che non si mangia c’è di sicuro. Mi do tempo e mi metto comoda. Mi sdraio sui capelli per evitare il contatto con la terra fredda e umida. Con gli occhi chiusi non vedo colline grige, ma le vedo accese di colori bellissimi, sento il profumo di corteccia, di pioggia e anche un po’ di lacrime che avevo tenuto soffocate. Le foglie fredde e croccanti iniziano a cadermi addosso, vestendomi dei colori del sole. La foschia leggera mi avvolge la pelle e per contrastare questo grigiore esterno spingo lo sguardo a rovistare più a fondo. Trovo un falò e capisco che è il mio fuoco interiore che scoppietta felice e tanto goloso di questi piccoli attimi magici. Non per niente l’autunno è una stagione introspettiva, dicono. Oltre i capelli sento il contatto con la terra irregolare, ritrovo la mia centralità. Finalmente apro quel terzo occhietto curioso e chiudo stretti gli altri due, capaci solo a rimaner spalancati nella notte per contare gli impegni incompiuti. Meglio mandarli a dormire, hanno bisogno di riposo per ritrovare chiarezza e “spakkare” nel mondo reale. #pensierianudo n*22.
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